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Circeo, Grotta Guattari: ECCEZIONALE SCOPERTA, ritrovati i resti di 9 uomini del Neanderthal
Guida di Viaggi e Turismo in Italia - Visit Italy
Pubblicato da Italy FOR Tourist in Lazio · 8 Maggio 2021
E' un viaggio nel tempo lungo oltre 100 mila anni quello che stanno facendo archeologi, paleontologi, antropologi, archeobotanici che da ottobre 2020 sono impegnati nella Grotta Guattari al Circeo (Lt) in una nuova campagna di scavo condotta dalla soprintendenza archeologica delle province di Latina e Frosinone in collaborazione con l'Università di Tor Vergata.



Un tuffo in un passato lontanissimo in cui questo lembo di territorio era abitato dagli uomini di Neanderthal, i 'cugini' più anziani e poi misteriosamente estinti dell'homo sapiens, e là dove ora si trovano spiagge e terre coltivate si estendevano a perdita d'occhio verdi praterie. Ma anche da animali feroci, iene, rinoceronti, orsi delle caverne. Esemplari grandissimi come lo spropositato megalocervo oppure antichi come l'uro, una razza di bovino poi estinta.
Di fatto, spiegano gli esperti che da mesi sono al lavoro tra le rocce e le ossa sparse in questo mondo sotterraneo a due passi dal mare che fu della maga Circe, una sorta di smisurata banca dati che sarà utilissima per ricostruire la storia, ma anche l'ecosistema di queste terre in un arco di tempo lontanissimo, per i non addetti ai lavori persino difficile da immaginare, che va da 125 mila a 50 mila anni fa. Scoperta casualmente nel 1939, la Grotta Guattari, studiata a suo tempo dal paleontologo Alberto Carlo Blanc, deve la sua eccezionalità ad un crollo che circa 60 mila anni fa l'ha sepolta sigillandone l'apertura e facendo sì che tutto si mantenesse così com'era, in pratica una sorta di capsula del tempo.



Gli scheletri umani ricomposti, racconta, "appartengono tutti ad individui adulti, fatta eccezione forse solo per uno che potrebbe essere di un giovane". Tra loro una sola femmina. Ma non si tratta di persone vissute tutte nella stessa epoca: i più vicini a noi sarebbero vissuti tra i 50 mila ed i 68 mila anni fa, il più antico addirittura tra i 100 mila ed i 90 mila anni fa. Adesso tutto questo materiale dovrà essere studiato, fa notare il direttore del servizio di antropologia del Sabab Lazio Mario Rubini, ma già dalle prime indagini sono arrivate tantissime informazioni, "un'analisi sul tartaro dei denti - anticipa - ha mostrato per esempio che la loro dieta era molto variata, mangiavano molti prodotti cerealicolo vegetariani, frutto della raccolta, ed è noto quanto una buona alimentazione sia fondamentale per lo sviluppo dell'encefalo" . Tant'è, con i nuovi ritrovamenti, ribadisce Rubini, il sito del Circeo diventa "assimilabile per importanza a quello di El Sidron in Spagna o a quello di Krapina nell'ex Jugoslavia. La cosa incredibile al momento è che ci ha restituito molti individui, tanti da accendere una luce importante sulla storia del popolamento dell'Italia".



L'ENIGMA DEI CRANI APERTI
E' la particolarità che accomuna tutti i crani ritrovati all'interno della grotta Guattari al Circeo (LT). Una grande apertura alla base del cranio. Come se la mano di qualcuno fosse intervenuta per aprire quelle teste, magari per mangiarne il cervello.
Nel 1939, quando venne ritrovato il primo cranio, poggiato in terra al centro di quello che sembrava un cerchio di pietre, si era pensato ad un rito di cerebrofagia. Il paleontologo Alberto Carlo Blanc aveva parlato allora di "cannibalismo rituale" e a dimostrazione della sua teoria aveva fatto una comparazione con una collezione di crani provenienti dalle tribù antropofaghe della Melanesia. Il ritrovamento oggi di altri teschi con le stesse caratteristiche potrebbe far pensare ad una conferma dell'ipotesi avanzata dal paleontologo novecentesco, peraltro poi largamente discussa e contestata dagli studi successivi nei quali altri studiosi hanno immaginato come più probabile che il cranio fosse stato svuotato invece da un animale, facilmente le stesse iene che nell'ultimo periodo di 'vita' della grotta l'hanno abitata facendone la loro tana.



La realtà, avverte oggi Rubini, è che le possibilità da valutare sono diverse. "Dobbiamo considerare che nel nostro mestiere quello che ci troviamo sotto gli occhi è sempre il frutto dell'ultima 'mano' intervenuta - spiega -. Potrebbe quindi essere stato l'uomo ad aprire il foro occipitale e la iena a finire di sgranocchiarlo, oppure potrebbe essere stata la iena stessa ad aprirlo per assicurarsi un cibo dalle alte qualità nutrienti, oppure ancora potrebbe semplicemente trattarsi di una rottura dovuta al caso". La soluzione, insomma, al momento non c'è. "Stiamo indagando", ripete l'antropologo, "al momento l'unica cosa certa è che abbiamo un femore mangiato da una iena, che su quell'osso ha lasciato persino l'impronta dei denti. D'altra parte sappiamo che le iene amano rosicchiare le parti terminali delle ossa lunghe perché sono molto ricche di calcio e questo serve al loro metabolismo". Per i crani aperti, però, l'interrogativo rimane aperto. "E' uno dei tanti che ci auguriamo di sciogliere - sottolinea Rubini - la soluzione di questi enigmi sarà fondamentale per ricostruire la storia del popolamento dell'Italia dal profondo passato ad oggi".

Guarda il Bellissimo Video Racconto delle scoperte rilasciato dell' Ufficio Stampa Ministero della Cultura




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