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Borghi Italiani: Portobuffolè (Veneto)
Guida di Viaggi e Turismo in Italia - Visit Italy
Pubblicato da Francesca Ur, in Veneto · 5 Luglio 2022
Portobuffolé è un comune italiano di 755 abitanti della provincia di Treviso in Veneto, il più piccolo paese della provincia in termini sia di popolazione che di superficie. Il comune è stato inserito nel club de I Borghi più belli d'Italia. (In fondo alla pagina potrai vedere il bellissimo video)



Controverse le origini di Portobuffolè. Prima della sua nascita, sulla sinistra del Livenza, esisteva un umile villaggio di pescatori, agricoltori e pastori, la cui origine si fa risalire al terzo secolo avanti Cristo, chiamato Septimum de Liquentia. Septimum perchè distante sette miglia dall'antica città di Oderzo (Opitergium). La storia locale cristiana ricorda Septimum tra il 620 e il 700 d.C. in occasione della traslazione del corpo di S. Tiziano da Oderzo a Ceneda.
Più tardi, in un documento del 997, apparve invece il termine "castello".
In quell'anno venne stipulato un contratto d'affitto tra il Vescovo di Ceneda Sicardo e il Doge di Venezia Pietro Orseolo II°. Su questo documento si legge: "... castro et portu... in loco Septimo... Castello e porto (fluviale) in località Settimo... ". In un altro documento: "... Castellarium Portus Buvoledi... " da cui si ebbe Portusbufoledi.



Dopo un periodo di probabile dominio carrarese, il castello di Portobuffolè passò al patriarcato di Aquileia. Nell'agosto 908, l'imperatore Berengario, su preghiera della moglie Bersilia, donò il castello al vescovo di Ceneda Ripalto.
Si avvicendarono altri feudatari. Nel 1166 Portobuffolè passò a Treviso, per ritornare nel 1242 ancora a Ceneda. Gerardo de' Castelli, istigato dai trevigiani, distrusse il castello, che fu ripreso e restaurato di nuovo dal vescovo di Ceneda.
Infine Tolberto da Camino, marito della famosa Gaia, figlia del "... buon Gherardo... ", immortalata da Dante nel XVI canto del Purgatorio, divenne signore di Portobuffolè il 2 ottobre 1307.
Samaritana da Rimini, seconda moglie di Tolberto, sentendosi minacciata, dopo la morte del marito, dai parenti Rizzardo e Gerardo da Camino, temendo anche per la vita del giovane figlio Biancoino, raggiunse Venezia e chiese protezione al doge Dandolo.
Samaritana, con l'appoggio dei veneziani, potè rientrare nel castello solo nel 1336.



DOMINIO VENETO
Il 4 aprile 1339 Portobuffolè, con decreto del senato Veneto e con delibera del Maggior Consiglio di Treviso, passò a Venezia. Ottenne un Consiglio Civico, un Consiglio Popolare e l'ordine dei nobili.
Più tardi i Genovesi obbligarono i Veneziani a cedere la Marca trevigiana all'arciduca d'Austria, che la vendette a Francesco di Carrara. Una rivolta popolare riportò Portobuffolè, ancora una volta, a Venezia.
Dopo una breve parentesi di dominazione turca, Portobuffolè conobbe, sotto il dominio veneto, un periodo di grande splendore. La Repubblica Veneta concesse il titolo di Città, lo stemma gentilizio ed un podestà, che rimaneva in carica solo 16 mesi, con ampie mansioni politico-amministrative.
Portobuffolè divenne capoluogo di mandamento, sede di avvocati, notai, architetti ed artigiani, importante ed attivo centro commerciale e culturale.
DOMINIO FRANCESE
Nel 1797 Portobuffolè passò sotto il dominio francese. Ebbe un tribunale civile e criminale di prima istanza.
Con decreto del governo francese del 5 maggio 1797 la sua giurisdizione si allargò a Mansuè, Fossabiuba, Baite, Basalghelle, Cornarè, Rigole, Vallonto, Lutrano, Villalonga, Saccon di Lia, Camino, Stala di Oderzo, Levada, Fraine, Colfrancui, Campagnola, Burniola, Roverbasso, Campomolino e Codognè.
Con la pace di Campoformido, il Veneto passò all'Austria e per Portobuffolè iniziò il declino. Perdette infatti il tribunale di prima istanza ed il Municipio.
Nel 1807 cessò di essere anche distretto e nel 1816 la frazione di Settimo passò al comune di Brugnera fino al 1826.
EPOCA MODERNA
Portobuffolè diede il proprio contributo per l'Unità d'Italia: alcuni giovani infatti andarono in Piemonte come volontari. Il 15 luglio 1866, tra l'entusiasmo popolare, entrò nella cittadina il primo drappello di soldati italiani. Anche nella Grande Guerra 1915/18 soffrì lutti e nel dopo guerra sopportò la crisi economica e l'emigrazione. Dignitoso fu l'atteggiamento della popolazione durante il periodo fascista. Nel secondo conflitto mondiale 1940/45 sopportò pesanti lutti e nuove emigrazioni oltre Oceano. Pian piano il paese risorse e divenne ben presto patria del mobile, grazie all'intelligenza e la tenace volontà della popolazione.
Nel 1965/66 due alluvioni sommersero il paese in un mare di fango, distruggendo il lavoro e le speranze di tanti anni di sacrificio. Lentamente venne la ripresa. Anche se, a malincuore, molte famiglie si allontanarono ed alcune industrie dovettero essere ricostruite in comuni limitrofi.



Si entra nel centro storico dalla Porta Trevisana, distrutta nel 1918, e subito si presenta la piccola e raffinata Piazza Beccaro, circondata da palazzi dalle importanti facciate, alcune delle quali affrescate. Da questa piazza si arriva alla splendida dimora trecentesca di Gaia da Camino, nobildonna colta e affascinante immortalata da Dante nel sedicesimo canto del Purgatorio. All'interno del palazzo si possono ammirare affreschi del XIV secolo che ritraggono guerrieri e personaggi del tardo medioevo e il Museo del ciclismo.
Fu con il dominio veneziano che la città conobbe il periodo di maggior splendore diventando un importante scalo fluviale. La Serenissima concesse a Portobuffolè il titolo di Città, lo stemma gentilizio e un podestà.
Nell'incantevole centro storico, oltre alla casa-museo di Gaia da Camino, sono da ammirare la Dogana, il Monte di Pietà, la Loggia comunale, rifacimento del fondaco gotico, e il Duomo, che prima di diventare chiesa cristiana era una sinagoga ebraica. Al suo interno è conservato un crocefisso ligneo del '400 di scuola tedesca e uno splendido organo della casa Callido di Venezia con 472 canne di zinco e stagno.
Le vie, le piazze e i suggestivi angoli di Portobuffolè tornano una volta ogni due anni al loro splendore medievale in occasione della rievocazione storica "Portobuffolè, XIII Secolo" (l'ultimo sabato di giugno). Una festa molto suggestiva con oltre trecento figuranti in costume d'epoca.



Dalla piazza si arriva in breve a casa Gaia, una splendida dimora del trecento in cui visse fino alla morte, avvenuta nel 1311, la celebre e discussa Gaia da Camino. Fu lei a trasformare quella che era una casa torre in una piccola reggia. La facciata è ingentilita da bifore arricchite di colonnine sottili ed eleganti con capitelli a fior di loto.
Gli affreschi conservati al primo piano raccontano un’atmosfera cortese che, tra una guerra e l’altra, regalava un po’ di serenità alla piccola corte affacciata sul placido Livenza. I canti dei trovatori e dei menestrelli, apprezzati da Gaia che si dilettava di poesia provenzale, sembrano risuonare in queste stanze dipinte. Dai muri interni di Casa Gaia occhieggiano i rappresentanti della cultura, un principino accompagnato dal servo, curvo sotto il peso di un librone, sei giovani guerrieri rivestiti di un’armatura finemente ricamata. Si nota anche un castello, forse proprio quello di Portobuffolè, e c’è chi sostiene che i due personaggi appena abbozzati siano i padroni di casa, Tolberto e Gaia. Al secondo piano appaiono città fortificate, ponti levatoi, torri e palazzi, paggi in conversazione: quanto basta a rinvigorire il nostro immaginario medievale.



La torre Comunale del X sec. è l’ultima che resta delle sette antiche torri del castello. è alta 28 m. e costruita in laterizio. Sull’orologio si trovava il buco dal quale i condannati erano calati nella sottostante prigione. La casa ai piedi della torre era un tempo il palazzo del Governo e reca ancora la scritta, tra due finestrini ovali: “fatta dalle fondamenta il 9 marzo 1187”. Sopra la porta del Monte di Pietà, fondato nel ‘500 dai Veneziani, vi è un raro esempio di “leon in moeca”, dall’aspetto terrificante che veniva rappresentato in tempo di guerra.
Il Leone di San Marco domina anche in piazza Maggiore: qui vi erano gli uffici pubblici e risiedevano le famiglie più importanti. La casa Comunale ha un’ampia loggia ed eleganti finestre a sesto ovale. L’ampio salone, detto “Fontego”, era usato come deposito di cereali e sale che venivano smistati in varie parti del Veneto. Reca in facciata iscrizioni e stemmi cinquecenteschi dei podestà.

Prima di diventare chiesa cristiana, il Duomo era una sinagoga ebraica. Consacrato nel 1559 e restaurato più volte all’interno e all’esterno, contiene un crocefisso ligneo del ’400 di scuola tedesca, un pregiato altare ligneo in radica rossa opera di un artista locale (1983) e uno splendido organo della casa Callido di Venezia con 472 canne di zinco e stagno, costato nel 1780 la bella cifra di oltre 4000 lire oro venete. Nei lavori di restauro dell’ex casa dell’Arcisinagogo, accanto al Duomo, è apparsa una pietra con il candelabro ebraico a sette braccia e alcune lettere dell’alfabeto.
Dalla piazza si arriva al “Toresin” e a Porta Friuli, dove campeggia, sopra l’arco esterno, un Leone di San Marco che inneggia ai “diritti e doveri dell’uomo e del cittadino”, segno evidente del passaggio della Rivoluzione Francese. Il Ponte Friuli, costruito nel 1780 in pietra cotta, in sostituzione del ponte levatoio in legno, è a due grandi arcate e fiancheggiato da sei eleganti poggioli. Qui sotto scorreva il Livenza.
Fuori del borgo, sono da vedere la chiesa di San Rocco con la Madonna della Seggiola, una scultura lignea del 1524; palazzo Giustinian, costruito nel 1695 dalla nobile famiglia veneta Cellini e poi passato ai Giustinian; l’oratorio di Santa Teresa, edificato dai Cellini, ricco di stucchi e affreschi; la chiesa dei Servi, consacrata nel 1505.



Percorsi ciclistici lungo il Prà dei Gai, pesca e canoa sul fiume Livenza. Il Prà dei Gai è il bacino naturale del fiume Livenza in caso di piena, e una grande oasi di verde quando non è inondato. Quando le acque del Livenza tornano lentamente nell’alveo, lasciano uno spessore di limo che rende fertile il terreno. Dal latte delle pecore e delle capre che vi pascolavano, fino a poco tempo fa si otteneva un pregiato formaggio chiamato “Gai”. Oggi è il posto adatto per una bella scampagnata (tradizionale quella 25 aprile, festa del patrono). Da Portobuffolè si possono raggiungere i luoghi più interessanti della Marca Trevigiana, tra i fiumi Piave e Livenza, come Oderzo e Motta di Livenza. Molte, in questo territorio, le occasioni gastronomiche.



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