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La festa di San Giuseppe in Italia
Guida di Viaggi e Turismo in Italia - Visit Italy
Pubblicato da Francesca Ur, in Cultura, Tradizioni, Religiosità · 15 Marzo 2021
Già nel 1871 la Chiesa Cattolica aveva proclamato San Giuseppe, festeggiato il 19 marzo, protettore dei padri di famiglia e patrono della Chiesa universale, per tale motivo coincide con la festa del papà.. Come sintetizzava papa Leone XIII: «In Giuseppe hanno i padri di famiglia il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, concordia e fedeltà coniugale; i vergini un tipo e difensore insieme della integrità verginale. I nobili imparino da lui a conservare anche nella avversa fortuna la loro dignità e i ricchi intendano quali siano quei beni che è necessario desiderare. I proletari e gli operai e quanti in bassa fortuna debbono da lui apprendere ciò che hanno da imitare».



I primi a celebrarla furono dei monaci benedettini nel 1030, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399. Venne poi promossa dagli interventi dei papi Sisto IV e Pio V, ed estesa a tutta la Chiesa nel 1621 da Gregorio XV. Fino al 1976 il giorno in cui la Chiesa celebra san Giuseppe era considerato in Italia festivo anche agli effetti civili, ma ciò venne eliminato con la legge n. 54 del 5 marzo 1977.
Goethe, in viaggio a Napoli alla fine del ‘700, così descriveva la Festa di San Giuseppe: “Oggi era anche la Festa di San Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…sulle soglie delle case grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati….Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo le preparava per venderle ai passanti”.



Secondo alcuni storici la zeppola, intesa come dolce di pasta fritta, ha origini nell'Antica Roma: le matrone romane, in occasione dei “baccanali” del 17 Marzo, usavano offrire frittelle di frumento fritte nello strutto e intinte nel miele, ma da nord a sud le tradizioni regionali raccontano diversi modi di celebrare la festa e un'altrettanta pluralità di preparazioni tipiche. Al Nord e particolarmente in Emilia-Romagna, si preparano le “raviole”, ovvero fagottini di pasta frolla a forma di mezzaluna ripiene di marmellata di prugne o di mele cotogne, poi spolverate di zucchero a velo.
Famose in tutta Italia sono le squisite “Zeppole di San Giuseppe”, di origine campana. Sembrerebbe che questa prelibatezza, come spesso accade, nasca come dolce conventuale: secondo alcuni nel convento napoletano di S.Gregorio Armeno, secondo altri in quello di Santa Patrizia. Ma c’è anche chi ne attribuisce “l’invenzione” alle monache della Croce di Lucca, o a quelle dello Splendore. Quello che è certo è che la prima zeppola di San Giuseppe “certificata” risale al 1837, ad opera del celebre gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino.


Sempre in Campania, in un piccolo paesino di nome Cascano, situato nell’entroterra e facente parte del comune di Sessa Aurunca (in provincia di Caserta), si rende onore all’amato santo con una tradizione secolare che inizia alcuni giorni prima della festa. Dal 10 marzo in poi viene celebrata una messa ogni sera, detta novena, al termine della quale alcune famiglie dispensano gratuitamente pagnotte, le cuccetelle, e vino alle persone che accorrono in segno di devozione. Talvolta viene cotta e donata ai passanti anche una mistura di fagioli e ceci, la cosiddetta menestella.



In Toscana, a Firenze la festa crebbe d' importanza a partire dal 1720, quando Cosimo III° dei Medici volle considerare San Giuseppe protettore della propria famiglia e di tutti i suoi discendenti. Ogni 19 Marzo ampi festeggiamenti in onore del Santo, sia civili che religiosi , si svolgevano con solenni parate di personaggi importanti e lunghi cortei di carrozze addobbate per le feste di gala che sfilavano lungo le vie della città. A sera una grande processione concludeva il suo tragitto all'interno della Chiesa di San Giuseppe dove veniva officiata la Messa solenne. Il popolo, dopo la funzione religiosa, si spostava nella vicina Piazza Santa Croce per partecipare alla tradizionale fiera molto amata dal popolo. Nella fiera si trovava una larga scelta di oggetti artigianali di uso comune per la vita di tutti i giorni e tanti buoni prodotti dolciari e fu proprio durante una fiera che alcuni artigiani pasticceri ripresero una antica usanza offrendo sui loro banchi le dolci "frittelle di riso". Da quel tempo, nel giorno di San Giuseppe sulle tavole fiorentine al termine del pranzo, non è più mancata la squisita "frittella". L'Accademia della Crusca così descrive la frittella fiorentina: "vivanda fatta di una fetta di mela , di una foglia di borrana, di un poco di riso e di zibibbo, intrisi con pasta quasi liquida e fritti nella padella con olio e strutto". A Firenze l'uso di mangiare questo dolce casalingo, è entrato nel vocabolario: per la troppa golosità, infatti, si tendeva a macchiarsi i vestiti tant’è che si chiama “frittella” una macchia d'unto ben visibile sopra la stoffa del proprio abito. Ancora oggi il 19 Marzo di ogni anno, i fiorentini partecipano in Piazza Santa Croce alla fiera di San Giuseppe, che mantiene ancora molte delle caratteristiche del passato.



In alcuni paesi della Sicilia ogni 19 Marzo si usava invitare i poveri al banchetto di San Giuseppe, e sempre in questa occasione, un sacerdote benediva la tavola ed i poveri erano serviti dal padrone di casa. L’estro dei pasticcieri e l’abilità delle suore dei monasteri hanno trasformato la tipica frittella, che in dialetto è chiamata "sfinge", in un dolce prelibato, dedicandola al Santo. I "sfingi ri San Giuseppe", come si chiamano a Palermo, proprio perché consumate in occasione della ricorrenza del santo, hanno alcune caratteristiche particolari: una forma irregolare e sono condite con crema di ricotta, grani di pistacchio e scorza d’arancia candita. Clicca qui per leggere la Tradizione in Sicilia
Inoltre in Sicilia ogni sera del 19 Marzo una grande fiamma viene accesa nei quartieri più importanti di Palermo e nei vari paesi nei pressi del Capoluogo siciliano. Accendere una vampa in onore del santo è una delle pratiche più diffuse in questa particolare giornata. Grandi falò vengono appiccati in strade idonee per l’accensione. Tutto il legname che si ha a disposizione viene ammucchiato in un punto strategico per dare fuoco al materiale raccolto. L’accensione del falò è quindi un rito di passaggio; annuncia un nuovo tempo e l’inizio della festa.

In Liguria, a La Spezia, la Fiera di San Giuseppe è stata istituita nel 1654, su richiesta presentata dal Consiglio della Comunità di La Spezia al Senato Genovese, per assecondare la devozione popolare e per dare un nuovo slancio al commercio. La Fiera si tiene ogni anno il 19 marzo, in occasione della festa del Santo patrono della città. La fiera, della durata di 3 giorni, vede partecipare oltre 600 commercianti ambulanti, provenienti da ogni parte d'Italia, che espongono nella zona compresa tra piazza Europa, i giardini pubblici e il lungomare della passeggiata Morin. Tutta la città è coinvolta e sono abitualmente previste varie manifestazioni collegate all'evento. La Fiera di San Giuseppe è inoltre un'occasione per gustare alcuni tipici prodotti come i brigidini, lo zucchero filato, le mele candite e la porchetta.
La tradizione si allunga anche a tante altre piccole realtà locali sparpagliate su tutto il territorio nazionale, veramente tante per essere raccontate tutte, ma sicuramente facenti parte dell’immenso patrimonio folkloristico e culturale italiano.




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